Il business dei centri estivi

La pandemia da Covid-19 ha avuto certamente un impatto fortissimo sull’economia. Questo non è stato relativo solo a crisi e crollo di attività ma anche a rilancio ed espansione di altre. Sono molte infatti le attività che sono fiorite con il Covid e proprio in ballo di recente ci sono i centri estivi e i progetti didattici post chiusura delle scuole a giugno. In particolare, quello dei centri estivi è un business che va avanti da diverso tempo. L’esigenza dei genitori lavoratori anche nei mesi estivi è quella di poter lasciare al sicuro i figli anche dopo la fine della scuola. Dopo la chiusura delle scuole pubbliche intervengono quini Enti, Comuni e associazioni che propongono attività con accesso a pagamento i cui destinatari sono gruppi di bambini o ragazzi di età compresa tra i 3 e i 17 anni. Certamente la chiusura delle scuole è un problema per i genitori che lavorano per cui diversi enti preposti offrono l’opzione dei centri estivi ma non gratuita come la scuola pubblica. Anche il dopo scuola, cui ci si poteva iscrivere in corso anno scolastico, è a pagamento. Quello dei centri estivi è un vero e proprio business. Proprio negli ultimi anni l’apertura di queste soluzioni post scolastiche si è moltiplicata. Ma il grande business che vi gira attorno non è sempre sinonimo di qualità. Se i centri estivi non sono organizzati da enti istituzionali bisogna infatti stare attenti.

Il piano scuole estate

Accanto ai centri estivi, attività conosciute da anni, in occasione del solvimento delle problematiche che hanno coinvolto l’ambito scuola a causa del Covid, il Governo ha pensato quest’anno al piano scuole estate 2021, una  novità sul panorama post scolastico. Dopo gli stop alle lezioni in presenza, il ministero dell’Istruzione ha pubblicato una circolare con un programma relativo ad attività scolastiche che si potrebbero svolgere nei mesi estivi, da giugno a settembre. Il piano scuole estate 2021 costa 520 milioni di euro. Le singole istituzioni, alla fine dell’attuale anno scolastico, potranno proporre a chi è interessato iniziative di orientamento, attività di laboratorio di tipo musicale, tecnologico o sportivo, sessioni di approfondimento o incontri di settore per la responsabilizzazione degli studenti.

Nei mesi di luglio e agosto le azioni si concentrerebbero sui Patti educativi di comunità e sulle attività C.A.M.PU.S., acronimo delle parole Computing, Arte, Musica, vita Pubblica, Sport, ossia tutte le attività che sono state più penalizzate durante il Covid. Per le attività motorie potrebbero essere realizzati contesti sportivi scolastici. Previsto anche il potenziamento di spazi e attività di arricchimento culturale e atte a promuovere l’inclusione dei minori più vulnerabili. Nel mese di settembre, la scuola estiva proseguirà con l’obiettivo della presa di coscienza dell’inizio del nuovo anno scolastico, preparando gli studenti ad affrontare la prossima esperienza legata alla scuola post Covid.

Il business legato a corsi e centri estivi

I centri estivi sono dunque un business consolidato in Italia ma, allo stesso modo, lo sono queste proposte di corsi estivi. Nel 2020 l’improvviso avvento della pandemia colse di sorpresa tutti e le scuole vennero chiuse dalla fine di febbraio sino al nuovo anno scolastico a metà settembre 2020. Si è discusso molto in tema di istruzione. Ma i corsi estivi sono utili o speculativi? Ce n’è realmente bisogno in un momento in cui la didattica in presenza è stata sopperita dalla ben organizzata didattica a distanza? Il business che gira attorno ai corsi estivi è grandissimo ed è un po’ fumoso il riferimento alle lacune dovute all’anno scolastico sotto pandemia. Certe sono però le difficoltà dei genitori che lavorano e hanno bambini piccoli da guardare.