Cucina italiana e cucina francese: qual è la migliore?

Una vecchia diatriba separa la cucina italiana da quella francese: qual è la migliore? È ovvio che la questione è insolubile in via di giudizio soggettivo: ognuno ama un certo tipo di cucina e quindi l’inuit dirà che un piatto buono come la foca non esiste, così come il centro africano loderà la bistecca di elefante. Bisognerebbe dunque trovare dei principi oggettivi su cui fare il raffronto e questo è quasi impossibile. Diciamo che la cucina francese, dal punto di vista delle fama, della storia e della tradizione è inavvicinabile. Al di là delle storie e delle leggende antiche (la cucina rinascimentale italiana sarebbe passata in Francia con Maria de’ Medici, la moglie di Enrico IV,  e quindi la cucina francese è debitrice di quella italiana),  la cucina moderna nasce, come tutto, dalla Rivoluzione francese: i cuochi delle grandi famiglie nobili spodestate (quando non decapitate), rimasti disoccupati, aprirono ristoranti pubblici, rendendo borghese la cucina delle corti. Ecco la nascita dei primi ristoranti aperti non solo ai viaggiatori occasionali, come lo erano le antiche locande, ma al piacere della tavola e della conversazione, che nascono appunto in Francia all’inzio dell’800, alcuni dai nomi ancora oggi famosissimi come Chez Maxim, o come Le Moulin Rouge o come i ristornati dei brandi alberghi di lusso come Il Ritz. In questi alberghi è nata la grande cuisine, con alcuni chef (i nomi sono tutti francesi, e questo indica chi ha l’egemonia), che divennero famosi anche perché scrissero libri rimasti memorabili, come quello di Auguste Escoffier, rimasto finora la bibbia della cucina dei grandi alberghi, a base di lunghe cotture, di preparazioni complesse, di salse elaborate.
La cucina italiana nasce più tardi, anche qui intorno a un libro, che non a caso è opera di un dilettante, Pellegrino Artusi, che si ispira non alla ristorazione di alto livello destinata ai palati fini e ai ricchi portafogli, ma a quella casalinga, almeno a quelle case borghesi che andavano a costituire l’ossatura dell’Italia unitaria.

Oggi abbiamo ancora un dominio a livello alto della cultura culinaria francese, non a caso francese è la più prestigiosa guida ai ristoranti – la Michelin – francesi sono state le innovazioni, la nouvelle cuisine che si opponeva alla grande cuisine – i prodotti alimentari di maggior prestigio: nonostante quello che scriva periodicamente la stampa italina, lo Champagne, il Bordeaux, il Borgogna, sono prodotti lontani come fama e prestigio – oltre che come prezzo – dai nostri vini. La cunica italiana ha invece vinto sulla fascia media e bassa: in ogni città del mondo il fast food preferito è la pizza, si beve il caffè all’italiana, si mangia la pasta. Er la nostra cronica incapacità di valorizzare le nostre cose, questo non significa successo diretto di prodotti fatti in Italia, non esiste infatti una grande catena italiana di pizze, né i tentativi di alcuni produttori di caffè riescono a eguagliare il successo di Starbucks, che offre prodotti all’italiana, fin nel nome, ma è americana nel profondo.

Quindi è impossibile stabilire quale sia la migliore, ma certo si tratta di due proposte che si sovrappongono solo in parte.